Tra etica, salutismo e qualità, oggi ci sono molte mode e tendenze legate a una maggiore attenzione sul cibo e la sua commercializzazione.
Bio, Vegan, Equo e Solidale, sono tutte certificazioni che nascono per rispondere ad esigenze da parte dei consumatori sempre più impellenti proprio sul piano della salute e della sostenibilità.
In questa dinamica, la certificazione Halal si colloca in una posizione privilegiata, venendo incontro in modo equilibrato a tutte le caratteristiche più elevate di queste tipologie di marchi, presentando però differenze ragionevoli sui punti più dubbi. Vediamo come.
Tra Halal e Bio c’è una relazione che ruota intorno all’attenzione per la qualità del cibo e la sua produzione lungo tutta la filiera.
Come per il Bio, l’Halal è un criterio che privilegia metodi di produzione che possano garantire la salvaguardia di qualità naturale dei prodotti (ad esempio, si preferisce evitare l’OGM negli schemi più rigorosi), senza però escludere quelle procedure che dalla certificazione Bio sono da evitare per i princìpi su cui si basa – ad esempio alcuni fertilizzanti che, pur non presentando controindicazioni per la salute delle piante e dei consumatori, vengono evitati perché prodotti chimici derivati dalla lavorazione umana, e considerati dunque “meno naturali” di altri.
Nell’Halal questo problema non si pone perché il criterio centrale di valutazione a riguardo si basa sul rischio per la salute, che se non rintracciato rende una sostanza accettabile.
Il rapporto tra Halal e Vegan è invece un po’ più difficile da cogliere, e trova elementi in comune su princìpi ampi e generali come l’etica nei confronti degli animali, anche se le due certificazioni poi arrivano a conclusioni differenti.
Infatti, per l’Halal il trattamento dignitoso dell’animale consiste nell’offrirgli una vita piena, in salute, ben nutrito e senza sofferenze inutili o una morte spaventosa.
In tal senso, si ritiene ragionevole e legittimo per l’uomo nutrirsi degli animali, ma il loro trattamento deve avvenire rispettando la loro condizione di esseri viventi: così come un predatore in natura non è buono o cattivo nel cacciare le sue prede, l’uomo non è buono o cattivo nel nutrirsi del suo bestiame, ma essendo in grado di avere determinate attenzioni e riguardi nei confronti degli animali, è dunque un suo dovere imprescindibile rispettarne la dignità come insegnato dai valori dell’Halal.
Per quanto riguarda la connessione tra Halal ed Equo e Solidale, senza dubbio è centrale l’attenzione al rapporto tra prezzo e tutela degli elementi interni alla catena di produzione – incluso personale e territorio.
Anche per l’Halal il concetto di fair trade è estremamente importante, non solo per una corretta valorizzazione del prodotto in base alla sua qualità, ma anche in relazione al lavoro che è stato effettuato per produrlo e portarlo al cliente finale.
Anche se, a differenza del commercio Equo e Solidale, nell’Halal non c’è la tendenza ad eliminare intermediari tra produttore di partenza e consumatore finale, l’attenzione per l’etica presente nella filiera di produzione è centrale, poiché i valori di giustizia ed equità sono di primaria importanza in un’ottica autenticamente Halal.
A chi può interessare, dunque, prodotti e commercio Halal?
A tutti coloro che danno importanza ai valori delle certificazioni appena esposte, perché hanno a cuore princìpi etici elevati come il salutismo, la dignità degli animali, l’equità e la correttezza nel commercio: un marchio Halal autorevole è sinonimo di garanzia di tutti questi elementi, perché si sforza di applicare in modo rigoroso tutte le norme tecniche che garantiscano la piena realizzazione di questi elementi.
Chi spera di trovare qualcosa che gli dia le garanzie necessarie al rispetto di tutti questi valori nel modo più equilibrato e corretto possibile, nella certificazione Halal avrà sempre un porto sicuro in cui approdare.